Nel mentre degli affannati e tormentati anni d’attività con i Death SS, Steve Sylvester sentì la necessità di cimentarsi in qualcosa di musicalmente alieno, rispetto la sua band d’origine, ergo, concepì a suo nome, due LP, un EP e un mini-Cd, che godono tutt’oggi di un gran rispetto, in termini di critica musicale.
La prima parte, della sua esigua epopea solista, fu contrassegnata dal lavoro a titolo "Free Man", del 1993 (purtroppo mai ristampato), cui seguì un tour promozionale, esteso nel corso del 1994, coadiuvato, alla chitarra e all’organo, dall’antico compagno Paul Chain, evento che presagì speranze di una reniun dei primi Death SS, tuttavia, il tutto si concluse con un nulla di fatto, dato le prevedibili querelle tra i due primi attori. Detti problemi interruppero la lavorazione, in sede di definizione, della seconda opera solista di Steve, ritardata per altro da una rinnovata e intensa attività, in studio e live, dei rinati Death SS. Solo nel 1998 ebbe luce "Mad Messiah", opera che a oggi rimane la seconda e ultima prova in solo del vocalist fiorentino.
Se il precedente e primo esperimento da solista riportava la materia musicale alle origini del protagonista, in specie, a un hard-rock dove partiture seventies e proto-doom, quantunque, si manifestavano, ma che a volte si risolvevano in arrangiamenti semplicistici; è in "Mad Messiah", che il sound si fa maturo, composito e dedito a trame musicali di notevole spessore, pur rimanendo ancorato a una parabola inscritta in un linguaggio totalmente hard-rock.
In "Mad Messiah" l’opener è affidata a "Sons of War", brano dal chiaro accento sabbathiano, in cui Steve declama e condivide con noi, con tono di denuncia, gli orrori perpetrati dai conflitti armati. Si prosegue con "Dying World", cover dei misconosciuti Necronomicom, partitura complessa, costituita dall’alternanza di chitarra acustica, esibizioni tastieristiche ed evocativi riff di chitarra elettrica, il tutto articolato in un modus operandi, che deve tutto ai settanta. "The Shape of Things to Come", è anch’essa una cover, ma quest’ultima estrapolata dalla colonna audio di Wild in the Street, film del 1968, brano dedito a un canonico rock senza fronzoli. Nell’omonima "Mad Messiah", un introduzione affidata a una voce narrante, che oralmente recita le follie di un pazzo predicatore, apre a un brano dove un hard-doom made in Birmingham, ne fa da padrone. "Love has Torn me Apart", è un pregiatissimo, quanto diretto, brano rock dall’ottima articolazione percussiva. "Ancient Dreams" contempla in se, doom, claustrofobia sonora, meditazione e una delicata quanto sofferta contemplazione, elementi che amalgamati assieme, danno corpo a una delle vette artistiche di questo lavoro. "Armageddon Days" e "Heaven on their Minds", (quest’ultimo brano già presente nel musical Jesus Christ Superstar), rafforzano la componente rock anni ’70 diffusa a piene mani in tutta l’opera; questo ci fa carpire il profondo interesse e amore che Steve nutre per quei fervidi anni musicali. La conclusiva "Speed of Life" è un lungo brano hard-rock a sfumature doom, che chiude, in un crescendo esplosivo, un disco davvero eccezionale.
Che cosa aggiungere, "Mad Messiah" è un lavoro appassionante e coinvolgente, che ancora oggi non risulta per nulla obsoleto, ma che al contrario, brilla di luce propria, dimostrando quanto le doti di Sylvester siano eccelse, poiché, qualsivoglia materia egli tocchi, pur nell’eventuale citazione, riesca a sviscerare e trasudare se stesso, in qualunque schema artistico, rendendo esso stesso, quasi, come un proprio e autoctono linguaggio.
*Fonte: Web